Me in Edimburgh

Me in Edimburgh

martedì 26 agosto 2014

Tre parole sull'idiozia umana: Ice Bucket Challenge

Sono un po’ di giorni, troppi direi, che circolano sti video di persone più o meno sane di mente che si buttano secchiate di acqua gelata addosso, con o senza cubetti di ghiaccio all’interno, in nome della raccolta fondi per la ricerca sulla SLA, con l’obiettivo teorico di aumentare la sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questa malattia in modo “simpatico e divertente”. In realtà il meccanismo ironico delle nomination per sensibilizzare al problema della SLA consisteva originariamente nel versarsi un secchio di acqua gelata in testa nel caso in cui NON si facesse una donazione: non faccio beneficenza quindi per punizione mi becco la secchiata. Poi è degenerato in questa "simpatica" catena.
Mi permetto un paio di riflessioni in merito:
prima di tutto a parere di chi scrive “NON C’E’ ASSOLUTAMENTE UN CAZZO DA RIDERE”. Se questa iniziativa provoca generalizzata ilarità invito tutti ad andare su wikipedia e leggere cos’è la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica). Wikipedia: SLA 
Faccio solo presente che è una malattia terribile, che cancella la connessione tra il cervello ed i muscoli di tutto il corpo in via degenerativa: praticamente un bel giorno inizi a perdere lentamente ed inesorabilmente il controllo del tuo corpo fino a che letteralmente non ti muovi più. Vorrei che ognuno di voi per un secondo pensasse a come si sentirebbe se sapesse di avere questa malattia, quanto apprezzerebbe tutto questo circo fatto più o meno a fin di bene, mentre realizza che fino a ieri riusciva a camminare anche se con difficoltà ed oggi no. Capisco l’esigenza di raccogliere fondi, ci mancherebbe, ma non si può sempre prendere tutto alla leggera. Io sono uno che usa l’ironia spesso e volentieri per andare vanti, ma mi rendo conto con non si può e non si deve ironizzare su tutto: riderci su può essere un modo per far riflettere le persone? Si a volte, ma non sempre.  Di certo non  buttandosi secchi di acqua addosso a volte manco spiegando di che si tratta, manco indicando un sito al quale far riferimento o un conto corrente per la donazione.
Per inciso il sito dell’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica è questo:http://www.aisla.it/
Per donare si può fare online: Pagamento Online
Tramite bonifico bancario: codice Iban IT 04 V 05034 10100 000000001065
Tramite conto corrente postale: c/c: 17464280 intestato: A.I.S.L.A. Onlus

In questa sede non ho la minima intenzione di mostrare filmati divertenti sui personaggi famosi o meno che hanno partecipato all’iniziativa, alcuni sicuramente in modo sincero, altri probabilmente meno e solo per farsi pubblicità. Vi mostro solo 2 video che secondo il modesto parere del sottoscritto identificano perfettamente il senso giusto di questo fenomeno, soprattutto considerando che sensibilizzare è giusto, ma  la beneficenza, come qualcuno di certo più importante di me ha detto, si fa in silenzio, nell’anonimato e lontano dai riflettori.




Peace & Love

lunedì 18 agosto 2014

Nuovo raccontino intriso di romanticismo al limite della carie

Breve racconto decisamente romantico, non adatto ai deboli ai "denti" che rischiano con eccessi "zuccherosi". Per tutti gli altri sventurati che come me patiscono le pene dell'amore (ma fortunatamente anche le gioie), buona lettura.
Fonte: besport.org

La prima volta che il mio  cuore ha tremato nel modo giusto è stato decisamente nel posto sbagliato.
Un luogo buio umido, chiassoso pieno di gente sconosciuta  che ti scruta, ti esamina dall’alto in basso, sembrano voler capire con un solo colpo d’occhio cosa hai dentro…. Ma anche cosa hai sotto i vestiti.
Squallidi commensali ad un banchetto in cui anche se solo per un momento sono io il cibo.
Poi ho incrociato il mio sguardo con il tuo, conoscevi tutti lì, ma nei tuoi occhi non c’era malizia, solo ingenua voglia di piacere a tutti di essere in comunione con tutto quello che ti circondava, senza paletti e senza paraocchi.
Mi hai sorriso e lì ho capito che fino a quel momento avevo perso più di 30 anni a cercarti, che forse eri lì da sempre aspettando che finalmente arrivassi, come se ci fossimo dati appuntamento da tempo ma io non riuscissi a trovare la strada, e mi perdessi ogni volta.
Da quel momento quando il mio sguardo incrocia il tuo rivivo di nuovo quell’istante:

ogni giorno di questi tre anni insieme so che sentirò di nuovo quel tuffo al cuore, che toccherò di nuovo la pura felicità solo vedendo i tuoi occhi sorridenti perdersi nei miei, con una dolcezza senza fine, sempre come se fosse la prima volta.

sabato 9 agosto 2014

Nuovo mini-racconto: entro in sala e li sento litigare...

nuovo racconto del sottoscritto, tengo a precisare del tutto "non autobiografico". Fortunatamente nella band di cui faccio parte non abbiamo questi problemi... ne abbiamo altri!!!

Entro in sala e sento litigare: urla, insulti sembra la fine.
Eppure era cominciata coi i migliori auspici: tutti amanti della musica, tutti con esperienza, tutti con un fine comune: portare le nostre note alla gente.
Come siamo arrivati a tanto?
Fonte: www.helikonband.hu

Beh qualche segnale c’era: se io non avessi detto al nostro cantante che il suo timbro assomiglia a quello del gabbiano in calore, forse i nostri rapporti sarebbero ancora civili.
Se il chitarrista non si fosse trombato la fidanzata del batterista, pochi giorni prima del loro matrimonio (o mancato matrimonio che dir si voglia) forse tra loro non ci sarebbe una leggera acredine.
Se, dopo la seconda serata dal vivo, il nostro cantante non avesse iniziato a parlare con la gente di unico gruppo depositario della fiamma sacra della musica in Italia, facendo incazzare il mondo, probabilmente saremmo tutti più sereni.
Ma non è andata così.
Quando sento le note uscire dalla tua bocca, vorrei dire che mi viene la pelle d’oca…. Ma è più la sensazione che si prova quando si passano le unghie su una lavagna.
Vorrei dirti che il tuo timbro mi ricorda certi cantanti blues americani, ma ormai mi vengono in mente solo neomelodici napoletani…. Fronna compresa.
Mi piacerebbe volar via con la fantasia quando sento un tuo assolo di chitarra e non assistere all’arrivo di frotte di cani attratti dagli ultrasuoni … unici esseri viventi attratti, del resto.
Il tuo essere batterista virtuoso vorrei che attraesse le folle, con un carisma che una volta riempiva gli stadi…. Invece alla festa della mulignana mbuttunata sembrava che volessero andar via anche le melenzane stesse.
Fonte: www.romalive.org

La domanda a questo punto nasce spontanea: perché siamo ancora qui?
Perché sono ancora di fronte ad ognuno di voi in questa saletta umida e male illuminata, a provare per l’ennesima volta?  
Forse è solo il ricordo di quel che era e potrebbe ancora essere;
forse perché il nostro tempo non è illimitato, e vorremmo ancora lasciare una traccia vera, prima di chiudere i battenti.
Forse perché per ogni nota sbagliata, per ogni nota stonata, ce ne sono ancora milioni che possiamo scrivere suonare e cantare… il nostro tempo non è illimitato, questo è vero.
Ma non è ancora finito.

 
Fonte: musicacademyrome.com

giovedì 7 agosto 2014

Picasso a Sorrento: tra Tette Tatto e Tuttologia

Nel mio girovagare “agostano” mi sono trovato insieme ad amici a Sorrento. Occasione: una piccola mostra di opere di Picasso.
Premessa: io non ho una particolare competenza per quel che riguarda quadri sculture ed opere d’arte di tal guisa, sono un curioso osservatore. Diciamo che mi piace vedere le sensazioni che nei miei tre neuroni e nel mio cuore suscita l’osservazione di tali opere; però lo dico apertamente che non ci capisco nulla di tecniche pittoriche, della pennellata del folle etc.etc .
La mostra si svolge a Villa Fiorentino nel centro di Sorrento.

Il costo è decisamente contenuto (euro 5) la location è decisamente suggestiva.
Arriviamo intorno alle 16 dopo un viaggio iniziato alle 14.30: i miei neuroni si sono già sciolti per il caldo e per il sonno post-pranzo.
Non sto qui a darvi informazioni tecniche su quadri, bozzetti, ceramiche perché rischierei di dire cretinate o di fare inutili copia incolla da siti che ne parlano diffusamente e certamente meglio di quanto  potrei fare io:www.fondazionesorrento.com/pablopicasso

Preferisco parlare di cose molto più futili: la quantità spropositata di tette presenti nelle opere di Picasso (almeno in questa mostra) tette di tutte le dimensioni, su donne in tutte le posizioni, se non fosse per le proporzioni volutamente alterate e per il contesto “artistico” penserei di assistere ai fotogrammi di un porno, anche perché in evidenza non ci sono solo i seni, diciamo che Picasso amava mostrare tutta la”carrozzeria”.
Quello che trovo interessante è che la mostra si focalizza su molto del lavoro dell’artista nell’ambito teatrale; fotografo “Salomè” poiché mi colpisce come in poche figure su fondo bianco Picasso definisca perfettamente il contesto e l’energia che quella donna sprigiona in una sola posa.

Fotografo anche un dipinto di una donna con accanto il figlio perché lo avevo visto già un’altra volta: una riproduzione di questo quadro era a casa di una mia zia ed ho sempre pensato che fosse qualche opera di quelle che si trovano nei mercatini (beata ignoranza), fatte in serie, anche se il dubbio ce l’ho sempre avuto: di solito i soggetti sono panorami di case diroccate su tramonti sbiaditi, donne nude, Madonne con seni asimmetrici in evidenza accanto a Gesù bambini sovrappeso (si fa per ridere).

Sono comunque circondato da esperti più o meno veritieri. Premesso che il mio “tatto” e la mia “gentilezza” stranamente in questo caso m’impediscono di picchiare tutti coloro che esprimono giudizi e valutazioni a voce alta, assolutamente non richiesti, ma la cosa più divertente è la portata di tali giudizi. Io non ci capisco nulla ma almeno non mi ergo a profondo conoscitore lanciando intorno a me nozioni che vanno da “quanto somiglia in certi tratti a Caravaggio” (lì mi sono cominciate ad uscire le bolle) fino a “fotografo queste litografie su ceramica perché le voglio riprodurre sui miei piatti….o su una t-shirt” (arrrrgh ).
I miei amici sono piuttosto delusi, io tutto sommato sono divertito, probabilmente più dal contesto generale che dall’effettiva portata della mostra.
Diciamo che il momento culminante della visita, quando tutto comincia a trovare un senso, a trovare la giusta collocazione, è nell’entrare in un famoso negozio di produzione di “Limoncello” con assaggio gratuito del prodotto locale, primo secondo e terzo giro.
Il viaggio di ritorno è stato un sublime russare per un’ora e mezza

Peace & Love 

lunedì 4 agosto 2014

Visitando ed "incocciando" Napoli Sotterranea

Siamo in estate e questo tempo magnifico, si fa per dire, spinge ad uscire, camminare vedere e visitare.
Ultima visita, in linea con tempeste, temporali pioggia e freddo di questi giorni è stata a “Napoli Sotterranea”.
L’entrata che abbiamo raggiunto si trova in un vicoletto di via dei Tribunali, precisamente quando incrocia con piazza San Gaetano.
Fonte: wikipedia.org

Le visite sono a gruppi e rigidamente con la guida…. Ma ovviamente il motivo c’è e non da poco.
Se hai l’incredibile possibilità di scendere li sotto, senza guida e senza conoscere il posto c’è la concreta possibilità che non torni più su!!! Il luogo è vastissimo e pieno di cunicoli un vero e proprio labirinto, particolarmente affascinante.
Quindi la guida in italiano oppure in inglese, ed abbiamo visto anche un gruppo con guida in francese.
Il biglietto è 10 euro e la visita dura un’ora ed un quarto circa ma anticipo che ne vale decisamente la pena.
Si parte a gruppi ogni ora, noi abbiamo fatto parte di uno dei gruppi delle 16, con guida in italiano ovviamente.

Ho avuto la “fortuna” di far parte di un gruppo di amici intrepidi e coraggiosi come me, io che non guardo film dell’orrore perché “m’impressiono”.
Scendiamo le scale che portano a circa 26 metri in profondità dietro la guida e ci troviamo subito in un’area molto ampia. La guida, tale Daniele De Simone, è decisamente preparata e con una giusta dose di simpatia e di ironia, mista a critica a certe “abitudini napoletane” di cui vi dirò poi.
Ci spiega che gli spazi in cui ci troviamo erano adibiti ad acquedotto e ci illustra anche le funzionalità e la storia di quell’acquedotto e di tutti quelli che più o meno fino ai giorni nostri hanno alimentato, nel bene e nel male, la città. Dico così perché per un periodo non necessariamente breve Napoli è stata alimentata anche da acquedotti all’aperto che ovviamente oltre che l’acqua portavano anche tutto ciò che nel viaggio verso la città ci finiva dentro (si pensi all’epidemia di colera 1836 – 1837).
La guida ci spiega anche la nascita della leggenda del “Munaciello” legata a filo doppio con l’acquedotto.
Si pensi agli scavatori e “manutentori” dell’acquedotto, costretti lì sotto per ore ed ore al giorno, a fare un lavoro massacrante, con gli occhi rossi per la fatica e per la penombra. Per difendersi dall’umidità questi cosiddetti “pozzari” indossavano lunghe vesti nere e, per arrotondare il guadagno, sapendo le uscite dell’acquedotto corrispondenti ai palazzi, spesso di ricchi possidenti, nella notte facevano loro visita derubandoli di ciò che potevano. Da qui la leggenda del munaciello che ruba fa i dispetti ed a volte picchia (probabilmente i pozzari che  non trovavano niente da rubare si “rifacevano” sui malcapitati abitanti della casa visitata).
Un ulteriore utilizzo dei cunicoli della Napoli sotterranea durante la seconda guerra mondiale è stato ovviamente quello di rifugio, soprattutto per anziani e bambini nei periodi in cui i raid aerei erano frequentissimi e non potevano far su e giù ogni 3 ore, quindi finivano per restare lì giorni interi: infatti si sono trovati resti di giocattoli che ovviamente utilizzavano i bambini per passare il tempo in quel luogo, si affascinante ma di certo desolato. Per ulteriori info storiche: Napoli Sotterranea
Il mio momento di “ansia” arriva quando c’è la facoltà, badate bene, non l’obbligo di fare un tratto di circa 150 metri in un cunicolo all’inizio basso, e talmente stretto da doverci passare di lato. La guida da ad ogni coppia una candela per vedere la strada e dove mettiamo i piedi (come se ci fosse da scegliere). Ovviamente i miei amici tutti “Braveheart” decidono di andare, vedere, che sarà stupendo meraviglioso affascinante… ed io mi accodo.
All’entrata forte del mio metro e 90 centimetri prendo una testata che è risuonata ampiamente data la forte eco… grande felicità ed i primi 100 santi del calendario mandati a….in benedizioni.
Poi il cunicolo diventa decisamente più alto, ci spiega la guida di circa 8 metri per errore degli architetti del tempo, e per nostra felicità, ma sempre strettissimo; la sensazione non è piacevolissima, diciamo che se non la prendi a ridere o non pensi al “Dalai Lama” potrebbe venirti una crisi di panico. Noi abbiamo iniziato a cantare la canzone dei sette nani “andiam andiam andiamo nel cunicolo….” E sono passati anche i 150 metri.
C’è da dire che il panorama è trascendente, poiché il cunicolo sfocia in una serie di vasche ampie che con la penombra creano giochi di luce sull’acqua.

Finito il cunicolo torniamo su e la guida ci fa vedere i segni dei resti del teatro greco, struttura al tempo mastodontica, tutta bianca e talmente alta che era visibile dal mare ma di cui oggi resta ben poco se non alcune sezioni visibili sotto i bassi napoletani accanto a piazza san Gaetano. La storia del teatro però è davvero affascinante, soprattutto perché la guida la narra magistralmente, ricordando che tale teatro era spesso visitato da Nerone che vi si cimentava come attore, con pessimi risultati, ma portandosi  i bombi( (quella che ai giorni nostri definiremmo la claque, appositamente pagata). Certe cattive abitudini hanno radici lontane.
La visita finisce con un giro in un’ex falegnameria che in realtà è un’altra sezione dell’antico teatro ed ora sede di una piccola mostra dei pastori del tradizionale presepe napoletano, delle effettive opere d’arte.

Conclusione: gran bella visita, gran bella testata con bernoccolo, ed ennesima conferma che Napoli ha tanti tesori nascosti, scarsamente valorizzati o evidenziati tra mille difficoltà ma forse anche per questo incredibilmente affascinanti.
P.S. dimenticavo una cosa essenziale: la scritta che abbiamo trovato fuori ad un basso alla fine della visita che da sola vale l'esperienza:
Peace  & Love

giovedì 31 luglio 2014

Musica+Teatro+Londra=ONCE

La mia passione per la musica, per il teatro e per Londra ha creato parecchi mix, a volte nocivi, come nel caso di visioni e ri-visioni del medesimo spettacolo anche nella medesima settimana, come in quei film in cui passi sempre lo stesso periodo di tempo in modo identico, come in un loop infinito.
A volte invece produce un sano interesse per “prodotti artistici” di grande livello.
E’ il caso di “ONCE”.
Nasce come film (produzione irlandese) dalle idee del regista John Carney e dalla musica di  Gleen Hansard e Marketa Irglova (che sono anche i due protagonisti del film), nel 2006. Prodotto con metaforici “3 euro”, veramente un low low low budget, è un’autentica opera d’arte. Un film con tanta meravigliosa musica, con dialoghi stringati in cui poco è detto e molto è sottinteso.
Fonte: amazon.com

Da tale film 3 anni fa è stato tratto un musical, prima a Broadway e poi, l’anno scorso, anche a Londra.
Premetto che il film ha vinto l’oscar per la miglior canzone "Falling slowly".
Il musical non poteva essere da meno, intascando 8 Tony Awards (gli oscar del teatro in America) e 2 Oliver Awards (gli oscar per il teatro in UK).
Nel caso voleste vederlo non spoilero nulla, dando un breve accenno introduttivo della storia: un musicista di strada, irlandese, a Dublino, incontra una polistrumentista ceca che finirà per aiutarlo, volente o nolente,  a dare una svolta alla sua vita. Per ulteriori info e spoiler:Wikipedia - Once (Una volta)
Le canzoni sono tutte fantastiche e, partendo da questi presupposti ho visto il musical con un po’ di timore, soprattutto pensando che gli autori della trasposizione in teatro erano “American boys”. Il risultato è davvero notevole, ed alcune trovate sono brillanti. Partiamo dal presupposto che i primi 5 minuti dello show sono assolutamente interattivi: sulla scena c’è un bancone da bar ed il personale di sala in teatro invita il pubblico a salire sul palco per prendere il “beveraggio” direttamente a quel bancone. Mentre sei lì che sorseggi il tuo drink improvvisamente parte lo show con gli attori/musicisti che iniziano a suonare, con te che ce li hai a 10 centimetri di distanza.  Quando poi partono i recitativi lo staff ti invita gentilmente a riprendere posto in sala.
L’allestimento è minimale ma decisamente affascinante, giocato soprattutto sulle luci e sulla forza delle canzoni.

Fonte: www.indipendent.co.uk
Fonte: www.indipendent.co.uk
Fonte: www.indipendent.co.uk
La cosa più strana è che mi ha fatto un effetto completamente diverso rispetto al film. Il film mi era piaciuto davvero tanto, mi aveva colpito ed anche commosso un po’.
In teatro quando è partita “falling slowly” che c’è all’inizio ed in reprise alla fine dello spettacolo, dicevo, dopo le prime tre note ho iniziato a grondare lacrime di commozione…. A piangere,  ma esageratamente!  Mi sono sorpreso di me stesso. Stessa scena alla fine, ma devo dire che al termine dello show a piangere non ero solo io.

Per fare la prova del tre sono tornato dopo mesi a rivedere lo show… ed ho pianto di nuovo, anche se fortunatamente non con la stessa intensità.
Non svelo ulteriori dettagli, dico solo che chi si trovasse a Londra non si faccia sfuggire questo piccolo capolavoro, si rechi al botteghino di prima mattina, così da veder di beccare posti in prima fila a prezzi scontati… e tenga d’occhio il led luminoso presente sul palco e le scritte che appaiono, non dico altro.

Peace & Love 

martedì 29 luglio 2014

A gentile richiesta: breve biografia Jovine

Dopo il post sul concerto e sul film “Song’e Napule” ho avuto richiesta di info su Valerio Jovine e la sua band, e più in generale su alcuni artisti napoletani.
Partiamo con una “breve” biografia su Jovine.
Fonte: facebook.com/jovineofficial
Il progetto “Jovine” nasce nel 1998 per mano di Valerio Jovine insieme al fratello Massimo dei 99 Posse.
Il primo album “CONTAGIATO” (BMG), arriva nel 2000: Valerio dopo una lunga gavetta in quelli che lui stesso ha definito, ironicamente, i “peggiori” locali di Napoli, sua città natale, propone per la prima volta un suo lavoro discografico: https://play.spotify.com/album/1iBXc2Yq9gxcAeYUlP4ZHH
Dopo questo primo cd, Valerio si avvicina sempre più al mondo della musica reggae. Nel frattempo il progetto Jovine si arricchisce della collaborazione di quei musicisti che diventeranno poi parte integrante del progetto stesso:  Alessandro Aspide al basso, Michele Acanfora alla tromba, Francesco Spatafora alla chitarra, Guido Amalfitano alla batteria e Paolo Batà Bianconcini alle percussioni.
Nasce, nel 2004 “ORA”, cd distribuito da “Il Manifesto”.
L’album contiene brani apprezzatissimi dal pubblico nei live come “L’immenso”,  “C.C.C.” e “Ci sono giorni”, ispirata dai terribili fatti di Genova 2001, visti dal punto di vista di chi sognava semplicemente un mondo migliore e si è trovato davanti quello sfacelo.

Dopo un anno Valerio e la sua band si rimettono al lavoro e realizzano l’album “SENZA LIMITI”, prodotto da Rai Trade, i cui brani scritti in gran parte in dialetto napoletano, rimarcano l’appartenenza di Jovine alla propria terra: canzoni come “O’Reggae e Maradona” e “Da sud a sud” fanno crescere in notorietà la band partenopea e “No Time” diventa indiscutibilmente il loro inno. Personalmente di questo disco amo “Love revolution”, brano dal sound fantastico e con un testo estremamente significativo.

Dopo un lungo tour in giro per l’Italia, nel 2009 esce “IL MONDO E’ FUORI”, album completamente autoprodotto ed auto-distribuito, che contiene 13 tracce dalla natura profondamente reggae anche se con sonorità assolutamente originali, arricchito da numerose collaborazioni con musicisti quali Cico, Jah Sazzah e Don Skal degli Aretuska, Luca O’Zulù Persico dei 99 Posse, Speaker Cenzou nella mitica “Passann pe’ llà” e Cor Veleno.

Dopo due tour, di cui uno insieme a Zulù, nel 2010 Valerio, parallelemente al progetto Jovine, entra a far parte come seconda voce della nuova formazione live dei 99 Posse, tornati dopo dieci anni sulla scena musicale con l’album “Cattivi Guagliuni” , alla cui realizzazione collabora ampiamente.
Nel 2011 gli Jovine tornano in studio e realizzano “SEI”, l’album che possiamo definire della maturità. Chiamarlo un album reggae sarebbe estremamente limitativo: “SEI” parte dal reggae per esplorare nuove sonorità, per sperimentare influenze diverse. “Napulitan” diventa il nuovo inno della band, brano urlato ed osannato a gran voce dal pubblico in tutti i live.

Un brano come “Di notte” è emblematico di una ricerca che fa del reggae il cuore ma che arriva fino a contaminazioni alternative rock (stile Subsonica per dare un riferimento). Spotify: "Di notte" Continua la collaborazione con musicisti della scena musicale napoletana: oltre al già citato Zulù, presente appunto in “Napulitan”, si conferma la  collaborazione con Speaker Cenzou, in “My music”, la presenza di Ivan Dope One in “Napl sona” e di Dj Uncino in “Di notte”, “La matematica” e “Ci sono regole”.
I live in giro per l’Italia mostrano al pubblico una band matura, affiatata, un gruppo di amici oltre che di professionisti, che suona ancora per il piacere di farlo e di comunicare un messaggio, che arriva puntuale a tutto il pubblico entusiasta.
Il 2014 degli Jovine e caratterizzato, fino ad ora, dalla partecipazione di Valerio al talent “The Voice”… ma questa è un’altra storia.
Stay tuned